Voglio cantare il tuo alito vitale, o’ Sito di soave melanconia, in un crepuscolo autunnale pervaso di antico mistero.
Albero solitario, la tua nudita’ spoglia di fronde fra’ i tanti altri sempre verdi m’infonde un sentimento di concordia e di grata solitudine, mentre lo stormire delle frasche e il planare delle foglie morte che inseguono il sibilo del vento aumentano il fascino provvidenziale alla mia anima appartata
O’ Albero di forma strana che ascolti il mio canto lacrimevol ma felice, tu sei nato in quest’angolo remoto di beltade, e, lo scorrere del tempo con le proprie evoluzioni che spoglia del sapore antico tradir non riuscira’ mai il Tuo alto lignaggio che mi rapisce in un tremito di indicibile letizia, percorrendo il mio piu’ recondito profondo dell’Alma, in questo meriggio di tarda estate.
L’idea del tuo spettro o’ Albero magnifico, sempre vivido sara’ nella mia mente; Esser vitale d’energia; proseguisti sin dalla notte dei tempi e fino al di’ dell’Apocalisse a rapir la piu’ “ franca “ delle Alme.
… L’olezzo dell’humus della terra riconduce ancora alla mia mente sacrali odori cimiteriali che rimembrano aree arcaiche disseminate di sacelli e policromi ninfei.
Sotto la neoclassica balaustrata dipinta di un bianco candore fa’ da cornice il rigoglioso cappero esteso lungo la cresta della roccia di tufo. Potessi essere li’ come un’ape con mente umana per viaggiare attraverso i tuoi meandri e gioire le miriadi di paradisiache visioni che presenta il mondo esterno, vedute da infinitesimali angoli prospettici.
E Tu’, Castagno d’India, con la tua chioma ampia e folta e caduche foglie, i tuoi fiori bianchi raccolti in pannocchie e frutti simili a castagne hai la stima del nobil Cavallo..
L’ulivo coi suoi ramoscelli verdi ed’argentee fronde la pace attorno infonde a questo luogo benedetto, ove , dell’universo l’Architetto, l’aspersorio di elemento sacro ne consacro’ la terra.
Ai pie’ dell’alta quercia il manto di ovate ghiande nell’autunno mi riporta a ritroso nel tempo allorquando ancora infante di mistico pensiero la mia persona mesta ne era gia’ pervasa.
L’effluvio intorno scaturente da’ fiori di spiga violacea e profumata del “ rosmarinum “ una vena di sacralita’ e di superlativa magnificenza crea nell’aire, e allora tu’, rugiada di mare, spontanea mediterranea verzura, piu’ fresca rendi la mia mano quando passando t’accarezza.
Alfonso Maria delli Franci
Contemplando il mare da una vetusta villa di Sorrento in un meriggio di tarda estate. 1971.
Albero solitario, la tua nudita’ spoglia di fronde fra’ i tanti altri sempre verdi m’infonde un sentimento di concordia e di grata solitudine, mentre lo stormire delle frasche e il planare delle foglie morte che inseguono il sibilo del vento aumentano il fascino provvidenziale alla mia anima appartata
O’ Albero di forma strana che ascolti il mio canto lacrimevol ma felice, tu sei nato in quest’angolo remoto di beltade, e, lo scorrere del tempo con le proprie evoluzioni che spoglia del sapore antico tradir non riuscira’ mai il Tuo alto lignaggio che mi rapisce in un tremito di indicibile letizia, percorrendo il mio piu’ recondito profondo dell’Alma, in questo meriggio di tarda estate.
L’idea del tuo spettro o’ Albero magnifico, sempre vivido sara’ nella mia mente; Esser vitale d’energia; proseguisti sin dalla notte dei tempi e fino al di’ dell’Apocalisse a rapir la piu’ “ franca “ delle Alme.
… L’olezzo dell’humus della terra riconduce ancora alla mia mente sacrali odori cimiteriali che rimembrano aree arcaiche disseminate di sacelli e policromi ninfei.
Sotto la neoclassica balaustrata dipinta di un bianco candore fa’ da cornice il rigoglioso cappero esteso lungo la cresta della roccia di tufo. Potessi essere li’ come un’ape con mente umana per viaggiare attraverso i tuoi meandri e gioire le miriadi di paradisiache visioni che presenta il mondo esterno, vedute da infinitesimali angoli prospettici.
E Tu’, Castagno d’India, con la tua chioma ampia e folta e caduche foglie, i tuoi fiori bianchi raccolti in pannocchie e frutti simili a castagne hai la stima del nobil Cavallo..
L’ulivo coi suoi ramoscelli verdi ed’argentee fronde la pace attorno infonde a questo luogo benedetto, ove , dell’universo l’Architetto, l’aspersorio di elemento sacro ne consacro’ la terra.
Ai pie’ dell’alta quercia il manto di ovate ghiande nell’autunno mi riporta a ritroso nel tempo allorquando ancora infante di mistico pensiero la mia persona mesta ne era gia’ pervasa.
L’effluvio intorno scaturente da’ fiori di spiga violacea e profumata del “ rosmarinum “ una vena di sacralita’ e di superlativa magnificenza crea nell’aire, e allora tu’, rugiada di mare, spontanea mediterranea verzura, piu’ fresca rendi la mia mano quando passando t’accarezza.
Alfonso Maria delli Franci
Contemplando il mare da una vetusta villa di Sorrento in un meriggio di tarda estate. 1971.
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